Le persone non sono mai solamente italiane o mussulmane o marocchine o cattoliche, ma sono pure uomini e donne, padri e madri, figli, medici, amanti, operai, ingegneri, insegnanti, sportivi, artisti, sono povere o ricche, hanno diverse preferenze sessuali, sono attive nella vita sociale o preferiscono mantenersene in disparte, sono convinte delle proprie idee o dubbiose.
Se dovessimo guardare con attenzione ad una massa di persone in una piazza, vedremmo tutti questi aspetti, ed altri ancora, e colori e forme, ciascuno parte dell’unicità. Ma è più semplice, sicuramente perché più immediato, identificare le persone per un aspetto fisico, come il colore della pelle, o dividerle in categorie per nazionalità o religione. Quando qualcuno ci porge una mano nel momento del bisogno, o si ferma per farci passare sulle strisce pedonali, non importa la sua fede o il paese dal quale proviene, ma che il suo animo abbia dimostrato valori di compassione e rispetto. È quando non conosciamo, siamo spaventati e permettiamo che la nostra umanità venga strumentalizzata, ecco che perdiamo di vista le molteplicità del prossimo e lo cataloghiamo con stereotipi semplici che ci giustificano il tenerlo lontano.
Come il singolo individuo è un’identità unica, complessa, multiforme e in continuo cambiamento, così le società acquisiscono le caratteristiche dei singoli e la loro ricchezza di espressione trasformandole in dinamismo e crescita. Sottoposte a pressioni migratorie importanti, le società occidentali globalizzate possono dirsi moderne solo quando capaci di inglobare diversità che, nel rispetto dei diritti e dei doveri pregressi, arricchiscono i molteplici aspetti del quotidiano e rafforzano il progetto comune. L’Italia delle Cento Città, ciascuna con un dialetto e una forma di pane diversi, è l’evidenza che questa visione può essere raggiunta.
La Diversità come Pilastro riunisce e simbolizza i diversi aspetti dei contributi dei singoli individui alla Società.